PER PROVARE IL PATTO FIDUCIARIO BASTA LA SCRITTURA PRIVATA

30 marzo 2020

Angelo Susan' Elisabetta Smaniotto

Il riconoscimento scritto che un da­to bene immobile è intestato fidu­ciariamente a nome altrui è suffi­ciente affinché il proprietario-fidu­ciante possa pretendere il ritrasfe­rimento del bene a nome proprio: non occorre, in sostanza, che risulti informa scritta anche il negozio fi­duciario e, cioè, l'accordo con il quale Caio accetta di intestarsi un dato bene di proprietà di Tizio. È quanto deciso dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza 6459 del 6 marzo 2020, che non so­lo compone un aspro contrasto ve­rificatosi nella giurisprudenza di legittimità, ma dà anche credito a una tesi che era risultata minorita­ria nelle decisioni precedenti.

Il tema è quello dell'accordo (il cosiddetto negozio fiduciario o pactum fiduciae) tra Tizio e Caio con il quale Caio accetta di inte­starsi beni di proprietà di Tizio: vuoi perché Caio li acquista con denaro di Tizio, vuoi perché Tizio, avendoli comprati a suo nome, in­tende (ad esempio, per un certo periodo) non avere in capo a sé l'intestazione di questi beni.

È pacifico che quando Caio si rende acquirente in via fiduciaria su incarico di Tizio, i beni acquistati appartengono sostanzialmente a Tizio anche se sono formalmente intestati a Caio. Quindi, ad esem­pio, se i creditori di Tizio lo sanno, validamente pignorano i beni for­malmente intestati a Caio; ancora, se Tizio muore, nella sua eredità sono compresi anche i beni formal­mente intestati a Caio.

Ebbene, se il pactum fiduciae è formalizzato per iscritto, non si pone alcun tema: in qualsiasi tem­po Tizio desideri divenire intesta­tario dei beni fiduciariamente in­testati a Caio, egli può pretendere da Caio di compiere le attività oc­correnti e, in caso di rifiuto di Caio, Tizio può ottenere (in base all'arti­colo 2932 del Codice civile) una sentenza che tenga luogo dell'atti­vità di re intestazione che Caio non vuole compiere.

La questione si pone invece se il pactum fiduciae non risulta da un documento scritto, ma si ha solo una scrittura nella quale Caio rico­nosce che i beni a lui intestati sono di proprietà di Tizio; la scrittura può anche contenere l'impegno di Caio al ritrasferimento a Tizio del­l'intestazione formale dei beni in questione. Il problema deriva dal fatto che la legge prescrive la forma ma scritta sia per gli atti che hanno per effetto il trasferimento della proprietà di beni immobili (artico­lo 1350 n. i del Codice civile), sia per gli atti dai quali (come accade per il contratto preliminare di compravendita immobiliare) sca­turisce un obbligo al trasferimento di beni immobili (articolo 1351 del Codice civile).

Finora, la tesi dominante in Cas­sazione (5663/1998, 6024/1993, 3706/1994,9489/2000,4886/2003, 8001/2011,10163/20u,11757/2014, 13216/2017) riteneva che, qualora il negozio fiduciario avesse a oggetto diritti reali immobiliari, il pactum fiduciae dovesse avere la forma scritta a pena di nullità: in altri ter­mini, in mancanza della forma scritta, il fiduciante non avrebbe avuto azione contro il fiduciario per il ritrasferimento dei beni fiducia­riamente intestati al fiduciario.

La tesi giurisprudenziale mino­ritaria (Cassazione 10633/2014), invece, riteneva che, in mancanza di un pactum fiduciae redatto per iscritto, fosse sufficiente per il fidu­ciante esibire in giudizio una di­chiarazione scritta del fiduciario attestante l'altrui proprietà sostan­ziale e l'impegno a trasferire al fi­duciante gli immobili fiduciati.

Le Sezioni Unite hanno so­stanzialmente aderito a questa seconda tesi, decidendo che l'ac­cordo fiduciario non necessita in­defettibilmente della forma scrit­ta a pena di invalidità (in quanto non vi è alcuna norma che lo pre­veda) e che la prescrizione di for­ma si intende ugualmente soddi­sfatta in caso di esistenza di una dichiarazione scritta con la quale il fiduciario si impegni a trasferi­re determinati beni al fiduciante, in attuazione del pactum fiduci­ae. In sostanza, è eccessivo rite­nere estensibile al pactum fiduci­ae la medesima prescrizione di forma dettata dalla legge per il contratto preliminare.

(Dal il Sole 24 Ore del 23/03/2020)

 

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