QUANDO LO STUDIO PASSA DI MANO IL PRELIEVO VARIA CON LA FORMA SOCIALE

21 febbraio 2020

La fiscalità che ruota attorno alla de­terminazione del reddito dei profes­sionisti è da ritenersi datata, non al passo dei notevoli cambiamenti (an­che obbligati) che stanno investendo le professioni intellettuali.

Senza tornare alla disciplina delle aggregazioni professionali - su cui altre volte si è intervenuti su queste pagine (si veda Il Sole 24 Ore del 15 lu­glio e del 25 novembre 2019) - basti pensare all'assurda situazione gene­ratasi per gli immobili strumentali per l'esercizio di un'arte e di una pro­fessione. Se, infatti, l'immobile viene acquistato attraverso un contratto di locazione finanziaria, la deduzione dal reddito (dei canoni) è ammessa, mentre se l'immobile risulta acqui­stato direttamente, la norma dell'ar­ticolo 54 del Tuir non consente la de­duzione degli ammortamenti, visto che la deduzione deve intendersi rife­rita agli immobili acquistati nel trien­nio 2007/2009.

E in tutto questo fa certamente rabbrividire il fatto che gli uffici del­l'agenzia delle Entrate (si hanno delle recenti segnalazioni prove­nienti dal Veneto) continuino a con­testare l'abuso del diritto quando l'immobile strumentale viene inte­stato alla società di servizi riferibile al professionista, posto che gli am­mortamenti non risultano deduci­bili nella determinazione del reddito di lavoro autonomo.

 

Lo studio associato

In questo contesto - inattuale, disor­ganico e, allo stesso tempo, preoccu­pante - occorre registrare la questio­ne della cessione degli studi profes­sionali, compresa quella in cui a pas­sare la mano sono soltanto alcuni dei professionisti facenti parte di uno studio associato.

Dal 2006 (D1223/2006) è stato sta­bilito - all'articolo 54 del Tuir - che il corrispettivo della cessione della clientela odi altro elemento immate­riale (ad esempio, il "nome") di uno studio professionale rileva nella de­terminazione del reddito di lavoro au­tonomo. In passato - ma solo come prassi delle Entrate - si sosteneva la rilevanza della cessione dello studio professionale come reddito diverso (articolo 67 del Tuir), tra gli obblighi di fare, non fare e permettere.

La cessione delle quote

La questione che ora si pone è quella relativa alla cessione delle "quote" di partecipazione a un'associazione professionale o a una società semplice svolgente attività professionale. L'ar­ticolo 67, comma i, lettere c) e c-bis), del Tuir stabilisce una specifica esclu­sione dalla tassazione per le plusva­lenze derivanti dal trasferimento del­le quote di partecipazione al capitale o al patrimonio di associazioni costi­tuite fra persone fisiche per l'esercizio dell'attività professionale. L'esclusio­ne riguarda - letteralmente - le asso­ciazioni professionali, e non il trasfe­rimento delle quote riferite a una so­cietà semplice svolgente un'attività professionale.

È chiaro, tuttavia, che posta l'equi­parazione reddituale (ma ora, a pare­re di chi scrive, anche quella civilisti­ca) stabilita dall'articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir, tra l'associazione professionale e la società semplice, l'esclusione da tassazione deve neces­sariamente riferirsi anche alla cessio­ne delle quote di società semplice svolgente attività professionale.

Irrilevanza reddituale

Va rilevato, però, che l'esistenza di un'esclusione da tassazione per le plusvalenze relative a questa tipolo­gia di partecipazioni determina inequivocabilmente l'indiretta impossi­bilità di attribuire alle medesime un proprio valore fiscale, considerato proprio la non rilevanza reddituale di quanto eventualmente emerso in se­de di loro cessione. Infatti, il loro co­sto/valore fiscalmente riconosciuto ha rilievo sotto il profilo reddituale soltanto quando l'eventuale plusva­lenza (o minusvalenza) risulta fiscal­mente rilevante.

Così che, in ragione dell'irrilevanza reddituale delle relative plusvalenze, il valore fiscale delle quote di parteci­pazione al patrimonio di un'associa­zione professionale (odi una società semplice che fa attività professionale) risulta certamente pari a zero. Aspetto quest'ultimo assolutamente determi­nante nel caso di successiva trasfor­mazione dell'associazione professio­nale (o società semplice) in Stp o Sta (società tra avvocati), come risulta dall'articolo qui a destra. Questi "di­sallineamenti" testimoniano ancora una volta quanto risulti obsoleta la normativa relativa al "passaggio" del­le attività professionali nelle diverse forme giuridiche ora utilizzabili.

 

(Dal il Sole 24 Ore del 17/02/2020)

Archivio news