CESSIONE D'AZIENDA, SULL'IMPONIBILE ANCHE IL PESO DELLE PASSIVITA'

17 febbraio 2020

     Ancora non sembra risolta la que­stione della determinazione, in ca­so di cessione d'azienda, della base imponibile da calcolare ai fini del­l'imposta di registro. La Ctp di Ri­mini con sentenza 137/2/19 (presi­dente Cameli, relatore Camalotti) ha affermato, seguendo il graniti­co principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di legittimità, che, in caso di trasferimento d'impresa o cessione di ramo d'azienda, la base imponibile su cui calcolare l'imposta di registro dovuta deve comprendere nel prezzo anche le passività aziendali.

     Nel caso in esame, una società aveva ceduto la propria azienda versando l'imposta di registro sulla base del prezzo di vendita indicato nell'atto. L'ufficio, senza contesta­re nel merito il valore dell'azienda trasferita, aveva ricalcolato l'impo­sta comprendendo nella base im­ponibile anche le passività cedute con la compravendita. La società deduceva, invece, che il calcolo del­l'imposta andava fatto al netto delle passività, dal momento che il pre­lievo, colpendo il trasferimento di ricchezza, non può considerare nel corrispettivo anche le passività, trattandosi di debiti che il cessio­nario si accolla e che andrebbero decurtati dal prezzo finale.

     Secondo l'articolo 2555 del Co­dice civile, l'azienda è una «univer­sitas rerum» comprensiva di tutti i beni materiali e immateriali: la sua alienazione comporta il trasferi­mento dei beni e dei rapporti, tanto dal lato attivo quanto da quello passivo. Pertanto, nel corrispettivo va considerata non solo la somma di denaro effettivamente pagata, ma anche le passività, essendo queste oggetto del trasferimento.

     Questa interpretazione non è incoerente con la funzione pro­pria dell'imposta di registro volta a tassare in modo solidale il tra­sferimento di ricchezza, in quan­to la parte venditrice, cedendo le passività, si arricchisce il patri­monio non essendo più obbligata all'adempimento dei debiti cedu­ti, mentre l'acquirente depaupera il suo patrimonio, acquisendo l'azienda e unitariamente anche i suoi debiti. È, quindi, giuridica­mente corretto ritenere che nella determinazione del corrispettivo vadano ricomprese anche le pas­sività, dovendosi calcolare la ba­se imponibile sul prezzo di ven­dita (articolo 43, Tuir).

     È pur vero che le passività co­siddette "inerenti", ossia funzio­nali all'esercizio d'impresa, posso­no poi venire dedotte dal cessiona­rio. In tal senso viene fatta salva la facoltà delle parti di pattuire espressamente che dal prezzo fi­nale di vendita sono scomputate le passività inerenti all'impresa. Tale eccezione trova il conforto anche della giurisprudenza di legittimi­tà: in base all'articolo 51, comma 1, Dpr 131 del 1986, l'imposta di regi­stro deve essere applicata alla ces­sione di azienda sulla base del va­lore dichiarato in atto o (in man­canza o se superiore) del corri­spettivo pattuito, che le parti possono parametrare al valore netto dell'azienda, senza che si debbano aggiungere le passività aziendali trasferite; in questo caso l'eventuale corte del merito dovrà valutare in concreto il requisito dell'inerenza dei finanziamenti ef­fettuati dalla banca all'azienda ce­duta (Cassazione 888/2019).

 

(Dal il Sole 24 Ore del 06/01/2020)

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